
02 Lug Sindrome da rientro: la nostalgia delle attese.
Di questi tempi il “fatidico” rientro dalle sudate vacanze trascina con sé dubbi e preoccupazioni dal sapore malinconico che sembrano obbligarci a scordare il recente passato per fissare lo sguardo fermo sul domani.
Quella che viene definita “Sindrome da rientro” racconta di un mare incerto e dubbioso che dopo essersi lasciato cullare dalla calda brezza estiva avverte lo sbuffare dello Scirocco con cui doversi confrontare.
La post-vacation blues (o post-vacation depression syndrome), traducibile come stress o depressione post-vacanze, è una condizione che interessa un italiano su tre al rientro dalle ferie estive e che si manifesta alla ripresa degli impegni quotidiani.
La fascia d’età maggiormente coinvolta è quella che va dai 25 ai 40 anni, un’età che si caratterizza per la sua natura in progress, ricca di scelte e di incertezze; la fase della vita nella quale una persona sta cercando di “definirsi”, di trovare il proprio posto nel mondo, ricercando una stabilità che nei tempi moderni appare sempre meno concreta.
Sembra inoltre che a farne le spese maggiori siano soprattutto le persone impegnate in lavori intellettuali, quelli cioè per i quali il ri-adattamento alla routine quotidiana ha luogo in maniera meno meccanica.
La letteratura che recentemente si è interessata a definire questo quadro sindromico ha posto l’attenzione sullo stress e sul sistema che lo regola. Generalmente, a seguito di un periodo come quello delle vacanze estive, le tensioni si sono gradualmente allentate; con la ripresa del lavoro e degli svariati impegni quotidiani il sistema dello stress viene sollecitato a lavorare secondo un ritmo al quale si è disabituato.
Il lavoro, gli imprevisti, le spese, l’automobile, gli appuntamenti e gli orari. Al rientro dalle ferie tutto questo pare piombarci addosso con un’impeccabile tempistica, sfrontata e impietosa, mentre il nostro orologio biologico sembra essere fuori fase.
La sindrome da rientro è assimilabile, almeno come quadro sintomatologico, ai Disturbi dell’Adattamento che possono presentarsi in concomitanza di cambiamenti di vita sostanziali (matrimonio, nascita di figli, cambio di lavoro per citare i più comuni). Nel caso della post-vacation blues l’adattamento consiste nel doversi adeguare, nuovamente, ad una condizione che nel corso delle ferie è stata momentaneamente dimenticata e che, a prima vista, sembra non avere molto appeal. Stanchezza, noia, irritabilità, mancanza di concentrazione, dolori muscolari, alterazioni del ritmo sonno-veglia, mal di testa, mancanza dell’appetito, abbassamento del tono dell’umore, senso di vuoto. Queste sono le manifestazioni sintomatologiche che vengono solitamente riportate dalle persone che vivono questa esperienza. Numerosi sono i consigli dati dagli esperti che suggeriscono di prestare attenzione ad aspetti fondamentali da ripristinare, ma sempre rispettando una gradualità. Utile innanzitutto ritagliarsi un paio di giorni liberi tra la fine delle ferie e il ritorno al lavoro, da utilizzare come sorta di “anticamera” per assimilare il momentaneo senso di alienazione. Prendersi cura della propria salute fisica, impegnandoci da subito nelle attività e negli esercizi che più ci coinvolgono; non è necessario iscriversi in palestra, una passeggiata tutti i giorni è già di grande sollievo. Mangiare frutta e verdura di stagione, bere molta acqua ma soprattutto alimentarsi con una certa costanza oraria.
Ma cosa succede, dentro di noi, quando le ferie finiscono? Quale differenza definisce ciò che sentivamo prima delle vacanze da ciò che sentiamo ora?
Le spiagge, il mare, il sole, i tramonti, la musica, le ciabatte e il climatizzatore. Realtà e sogni che sembrano esistere solo all’interno di una parentesi, attraversata la quale ci rendiamo conto di aver conosciuto e perduto qualcosa.
Un aspetto fondamentale riguarda la predisposizione che ognuno assume in procinto di un’esperienza, inedita o famigliare che sia. In che modo ci poniamo avviandoci all’esperienza?
Quali sono le speranze e le paure che ci contraddistinguono nei momenti che precedono l’inizio?
In una ricerca del 2010, i ricercatori dell’Erasmus University di Rotterdam hanno posto l’attenzione sul legame tra vacanza e felicità, coinvolgendo un campione di 1.530 persone delle quali 974 erano state in vacanza mentre le restanti non avevano usufruito delle ferie estive; a entrambi i gruppi sono state poste domande riguardanti il grado di felicità sia prima che dopo le vacanze.
La ricerca ha evidenziato come i vacanzieri dimostrano generalmente una maggiore felicità nel periodo pre-feriale rispetto ai non vacanzieri, mentre nessuna differenza rilevante emerge nel livello di felicità tra i due gruppi al termine delle vacanze.
La ricerca prova a chiarire questo risultato introducendo le “anticipazioni” che giocano un ruolo importante nello spiegare le differenze tra i vacanzieri e i non-vacanzieri. Per molte persone le vacanze iniziano nelle settimane se non nei mesi precedenti l’inizio effettivo delle ferie perché queste vengono attese e sospirate con lo sguardo rivolto al futuro.
Le ferie estive sono in effetti un evento molto atteso che, nel corso dell’anno, assume le sembianze di un traguardo, una meta assai ambita. Gran parte delle fatiche e dello stress che accumuliamo nel corso dei mesi trovano sollievo nelle meritate vacanze estive; un evento magico e purifico in grado di fungere da spartiacque tra le fatiche dell’anno appena terminato e quello dell’anno che sta per iniziare.
L’entusiasmo con cui ci avviciniamo alle vacanze estive è infatti denso di attese (non solamente positive) e di curiosità alle quali ci affezioniamo perché vengono da lontano e si compongono storicamente giorno per giorno, raccogliendo i desideri e le fantasie che impariamo a riconoscere e ad affinare. Non riguardano unicamente aspetti relativi alla vacanza intesa come luogo fisico, ma interessano i sogni e i bisogni più autentici, quelli che col tempo abbiamo conosciuto e sentito come nostri e quelli che ancora stiamo costruendo.
L’assenza di queste aspettative, ad esperienza conclusa, viene avvertita come un senso di vuoto.
Ogni volta che un’esperienza, verso la quale nutriamo aspettative, volge al termine, è possibile sentirsi più tristi, più incerti e appunto più “vuoti”.
Il tempo sembra aver cambiato marcia ed essere trascorso a velocità doppia; svaniscono i luoghi, i profumi, gli odori, le persone anche se, a poco a poco, di tutto questo costruiamo ricordi preziosi.
Ciò che invece è inevitabilmente destinata ad essere dimenticata è la moltitudine di quelle aspettative e di quelle attese che, avviandoci verso una nuova esperienza, dobbiamo ciclicamente imparare ad immaginare e a ricostruire.
Appare quindi fondamentale sognare nuovi obiettivi, nuovi desideri, creativamente orientati, e soprattutto dobbiamo rinnovare le attese e alimentarle, giorno dopo giorno, spostando il nostro orizzonte.