01 Feb Pensare e rispondere “di pancia”. Quando la ragione viene bypassata.
Una particolare espressione entrata a far parte del nostro linguaggio comune è “pensare con la pancia” oppure scegliere, dire e sentire “di pancia”; ma cosa intendiamo esattamente quando utilizziamo questa espressione?
Sebbene negli ultimi 50 anni diverse ricerche abbiano riconosciuto e descritto il rapporto tra il cervello e l’intestino, tanto da arrivare a parlare di secondo cervello in riferimento al nostro sistema digestivo, l’espressione prende origine dalla donna e, in particolare, dalla variazione umorale che caratterizza mensilmente il genere femminile.
L’idea che le donne ragionino “con la pancia”, storicamente avanzata dagli uomini, si riferisce all’emotività che contraddistingue la visione del mondo femminile, primariamente riconducibile alla variabilità mensile; questa concezione poteva essere rappresentata dall’espressione: “Le donne ragionano con l’utero”.
L’imprevedibilità di queste variazioni, e l’apparente incoerenza che il pensiero razionale non ha mai potuto comprendere, sono quindi state culturalmente messe in opposizione, e arcaica sudditanza, alla prevedibile costanza del lógos, del pensiero logico-razionale, ritenuto imperturbabile secondo tale definizione.
Tralasciando le esigenze adattive, che nel corso dell’evoluzione divergente hanno determinato e affinato differenze specifiche e utili alla sopravvivenza, è possibile soffermarsi sul presente e su ciò che, a livello neurobiologico, è oggi possibile osservare e descrivere.
La differenza di genere nello stile del pensiero ha una prima base nel cervello: più razionale, continuo e dominato dall’emisfero sinistro negli uomini; più emozionale-associativo per le donne. Caratteristica dovuta alle maggiori connessioni tra i neuroni dell’emisfero destro, emozionale, e dell’emisfero sinistro, razionale, attraverso il corpo calloso, più sviluppato nel cervello delle donne proprio per questa maggiore ricchezza di connesioni.
Dunque se “la pancia”, che implicitamente faceva riferimento all’utero femminile, in passato era riconosciuta come il luogo nel quale prendevano avvio e forma le manifestazioni irrazionali del pensiero della donna, come siamo arrivati oggi a riproporre e legittimare (anche per il genere maschile) il suddetto modo di dire?
Diversi studi hanno negli anni trovato un certo riscontro al significato di questa espressione.
Il dato più rappresentativo riguarda la massiccia produzione di serotonina da parte dell’intestino pur avendo solo un decimo dei neuroni del cervello. Le cellule dell’intestino producono il 95% della serotonina, “il neurotrasmettitore del benessere”, svolgendo quindi un ruolo fondamentale nel segnalare gioia e dolore. L’intestino, alla luce di queste scoperte, assume quindi una dimensione non più semplicemente periferica, rispetto al Sistema Nervoso Centrale, ma autonoma e capace di influenzare costantemente il cervello nella regolazione emozionale; questa relazione tra pancia e cervello ha infatti preso il nome di asse intestino-cervello (“Gut-Brain Axis”).
L’importanza che una buona alimentazione ha sul benessere psicologico è stata, negli ultimi decenni, ampiamente condivisa. Se consideriamo la nostra pancia come un “serbatorio energetico” non è difficile immaginare la fondamentale influenza che possiede il nutrimento (vincolante per la sopravvivenza) sull’orientamento del nostro pensiero.
Oggi quando utilizziamo, ad esempio, l’espressione “Di pancia ti direi di sì” intendiamo generalmente “D’istinto ti direi…”/ “Di getto ti direi…”/ “D’impulso ti direi…” comunicando alla persona di fronte a noi che ciò che stiamo dicendo non è stato oggetto di valutazioni o di riflessioni ma è piuttosto un pensiero immediato, non filtrato, lasciato semplicemente emergere “senza pensare”.
La riflessione più importante che segue riguarda la rilevanza che la dimensione emotiva assume nel nostro personale modo di pensare; ogni istante la nostra condizione emotiva rappresenta lo sfondo sul quale i nostri pensieri si dispiegano, mostrandosi alla coscienza.
Lasciando “parlare” la pancia, e permettendo a noi stessi di ascoltarla, abbiamo quindi la possibilità di cogliere quelle “contraddizioni” che, se da un lato possono disturbarci mettendoci di fronte a vissuti che appaiono incoerenti alla nostra ragione, dall’altro ci permettono di sentire ciò che appartiene alla nostra dimensione più autentica, viscerale.